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Una seconda volta il venerabile Pilindavaccha, vestitosi per tempo, prese ciotola e mantello ed entrò nel villaggio per il giro dell’elemosina. Girando passo passo giunse alla dimora di quell’ inserviente e chiese ai vicini: «Dov’è andata la famiglia che abitava qui?».

«Venerabile, il re l’ha fatta imprigionare a motivo di quel diadema d’oro».

Allora il venerabile Pilindavaccha si recò alla reggia e sedette sul sedile per i monaci; il re gli si avvicinò, lo riverì e sedette da parte; a lui seduto da parte il venerabile Pilindavaccha chiese: «Gran re, perché hai fatto imprigionare la famiglia di quell’ inserviente?».

«Venerabile, in quella casa  c’era uno splendido diadema d’oro; come se lo sarà procurato quel povero? Senza dubbio con un furto».

Allora il venerabile Pilindavaccha pensò intensamente: «Che il palazzo del re sia d’oro!», e il palazzo divenne tutto d’oro.

«Gran re» chiese Pilindavaccha, «anche a te da dove è venuto tutto quest’oro?».

«Non lo so, venerabile! Questo è un potere magico del monaco!».

Pertanto fece rimettere in libertà la famiglia dell’inserviente.

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